La contro-valutazione-preventiva: note agli articoli della legge 107

La contro-valutazione-preventiva: note agli articoli della legge 107

by Deleted user -
Number of replies: 0

Lo scopo di questi articoli della legge 107non è quello di valutareil lavoro del singolo docente o di un gruppo di docenti. Lo scopo è quello di valorizzare il merito del personale docente. Sono due cose completamente differenti se non, come vedremo, opposte. Valutare significa assegnare dei valori. A cosa? In questo caso al processo educativo/didattico. Con quale fine? Comprendere se gli obiettivi preposti sono stati raggiunti e in caso contrario adottare/inventare soluzioni possibili. Valorizzare il merito significa invece decidere a priori che, comunque vadano le cose, solo una parte (meros, da cui 'merito') deve essere considerata oggetto di valore.

La legge parla chiaro. Lo scopo del comitato di valutazione non è quello di valutare l'operato dei docenti, ma di trovare dei criteri per la distribuzione di un salario accessorio che verrà elargito in forma di bonus dal dirigente scolastico. A rigore, poiché lo scopo non è più quello di valutare, ma è quello di distribuire denaro, qualsiasi criterio, purché riguardi una parte (meros) e non il tutto, può andar bene. Questa non è un'interpretazione capziosa del testo e nemmeno una lettura sintomale. È semplicemente una lettura 'letterale', condotta con il fine deliberato di non lasciarsi incantare dalla neo-lingua ministeriale. Per essere più chiaro. Avere una somma di denaro a priori da assegnare ad una parte del personale docente con l'intento di valutarne l'operato, è come avere a disposizione una quantità limitata di 8 (ad esempio solo cinque), per valutare le verifiche di un gruppo classe. Nel caso in cui tutti abbiano fatto un compito da 8 (assegnazione di un valore) io devo comunque trovare dei criteri per assegnare gli 8 solo a cinque studenti (merito). Devo cambiare il mio ordine di valori: mi trovo in un terreno discrezionale. Ma soprattutto il mio obiettivo è cambiato. Non sto più assegnando valori per verificare se gli studenti hanno capito, ma sto escogitando nuovi criteri per differenziare gli studenti della classe in base ad una gerarchia che, spinta alle sue estreme conseguenze e terminati tutti i possibili criteri didattici, non può che condurmi all'arbitrio assoluto. La valorizzazione del merito è valutazione fine a se stessa e strumento di affermazione di un potere discrezionale. In questo è l'esatto contrario della valutazione intesa come momento di riflessione sul proprio operato al fine di valutarne l'andamento. La valorizzazione del merito è una vera e propriacontro-valutazione-preventiva: 'contro' perché è il contrario della valutazione, 'preventiva' perché stabilisce a priori che, anche nel caso in cui tutto dovesse andare per il meglio, una parte deve comunque essere considerata non meritevole.

Come opporsi a questo non-senso? Qualsiasi declinazione dei macro-criteri indicati nella legge non cancella in nessun modo il potere discrezionale del dirigente. Vediamo nel particolare ogni criterio, per valutare possibili scenari. I macro-criteri che il comitato dovrebbe specificare sono suddivisi - nel testo di legge - in tre gruppi, ma è meglio analizzarli uno per uno.

La qualità dell'insegnamento. Qualsiasi declinazione di questo criterio lascerebbe assoluta discrezionalità al dirigente. Inoltre, poiché richiederebbe -come condizione necessaria per la sua realizzazione- la presenza del dirigente scolastico almeno ad un numero molto significativo di lezioni di ogni docente, per poterne valutare l'operato in classe, va da sé che è un criterio assolutamente inapplicabile.

Contributo al miglioramento dell'istituzione. Questo significa tutto e niente. Se è un'attività fuori dall'orario di cattedra allora rientra in una funzione strumentale, in un progetto o in un incarico di qualsiasi altro tipo. Queste attività comportano un impegno di ore oltre a quelle di cattedra e devono essere giustamente retribuite. In questo caso il concetto di merito deve essere inteso in senso etimologico dimeros(parte). Il docente che lavora fuori orario occupa di fatto una parte di orario in più che gli deve essere riconosciuta. Ma il riconoscimento deve essere in base alle ore svolte e secondo parametri stabiliti in sede di contrattazione. Non come bonus. Questo criterio, rigidamente declinato, potrebbe vincolare il dirigente e limitare la sua discrezionalità.

Successo formativo e scolastico degli studenti. Se si intende con 'successo formativo e scolastico' il cosiddetto 'profitto scolastico' di ogni studente in ogni materia (visto che oggetto di valutazione è il singolo docente), allora il criterio è nullo, poiché la variabile 'studente', che è determinante in questo criterio, è imponderabile. Inoltre: il docente non ha responsabilità illimitata nei confronti degli studenti. Se invece si intende l'espletamento di un'attività di recupero, sostegno allo studio o qualsiasi altra azione volta al 'successo formativo e scolastico' valgono le considerazioni precedenti sulle attività aggiuntive.

Risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell'innovazione didattica e metodologica. Qui la neo-lingua (o forse sarebbe meglio dire la neo-logica) ministeriale dà il meglio di sé. Se c'è un termine che gira a vuoto è proprio il termine 'competenza' che, nella neo-lingua ministeriale, non va quasi mai da solo ma sempre accompagnato dal nuovo totem del 'potenziamento': la competenza è qualcosa che, per definizione (ma una definizione non c'è), deve essere potenziata. Questo fa il paio con il concetto di merito che per definizione (ma una definizione non c'è) deve essere valorizzato. Creazione di valore in sé fine a se stesso e potenziamento come potenza fine a se stessa. Vi ricorda qualcosa? A me fa venire in mente una strana coppia: Marx/Nietzsche. Manca Freud. Ma, forse, prima della fine spunterà anche il suo fantasma. La neo-lingua è veramente formidabile. Chiusa la parentesi, non voliamo troppo alto; come diceva Wittgenstein, "rimaniamo sul terreno scabro”. Il suddetto criterio è legato alla parola 'risultati'. Tali risultati sono in relazione al potenziamento delle competenze e dell'innovazione didattica e metodologica. Primo punto: chi può giudicare tali risultati? Ovviamente non i singoli docenti in questione, ma il dirigente scolastico.Risultati del potenziamento delle competenze: qui siamo nello stesso caso di prima, la variabile 'studente' è imponderabile e quindi il criterio è nullo.Risultati del potenziamento dell'innovazione didattica e metodologica: presa così com'è questa formulazione è priva di senso, ma forse gli estensori del documento (qui arriviamo anche alla neo-grammatica) intendevano legare il potenziamento delle competenze all'innovazione didattica; e allora al posto di quel 'del' che precede 'innovazione' dovevano metterci qualcos'altro che facesse capire meglio il senso della frase. Ma comunque, procediamo. La situazione dovrebbe essere la seguente: un docente, su base assolutamente volontaria, dovrebbe impiegare ore extra-curricolari per innovare la didattica; se il dirigente ritiene che i risultati ottenuti abbiano potenziato le competenze degli studenti allora quel lavoro volontario potrà essere premiato con un bonus. Come fa il dirigente a valutare i risultati? Sulla base dei rapporti dei docenti coinvolti o in modo discrezionale? In entrambi i casi il criterio è nullo e lascia sospesa la trasformazione dellavoro volontario in bonusalla assoluta discrezionalità del dirigente.

Collaborazione alla ricerca didattica.Questa è un'altra bella frase che abbaglia. È formata da tre termini 'collaborazione', 'ricerca', 'didattica'. Il primo termine significa che i docenti devono trovare un momento fuori dal loro orario di lavoro per collaborare. Ovvero, incontrarsi per discutere. Di cosa? Non della didattica in generale, ma della 'ricerca didattica'. In buona sostanza si invitano i docenti a fare ricerca. Non quella 'ricerca' fisiologica che rientra nella normale attività (funzione docente) anche dell'insegnante più demotivato. Non è di questo che si tratta. Qui si intende proprio 'ricerca'. Dobbiamo immaginare che uno o più docenti, su base volontaria, si incontrino volontariamente e periodicamente, fuori dall'orario di lavoro, per fare 'ricerca didattica', con la speranza che i risultati potranno essere graditi al dirigente e quindi vedere trasformato il loro lavoro volontario in bonus.

Diffusione di buone pratiche didattiche. Qui dobbiamo immaginarci un docente che, sempre volontariamente, diffonda le sue buone pratiche agli altri colleghi. Come? Presumibilmente in momenti stabiliti formalmente. E chi giudica se tale diffusione possa essere meritevole? Gli altri colleghi dovrebbero informare il dirigente che le buone pratiche diffuse da Caio sono state molto utili? Questo è un criterio molto oggettivo per trasformare una servitù volontaria in bonus!

Responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.Le funzioni di coordinamento, così come qualsiasi attività di formazione, sono di fatto e di diritto orario extra che deve essere conteggiato e remunerato, così come avviene con le attuali funzioni retribuite con il FIS. Per questo valgono le considerazioni precedenti.
In sintesi. Se si tratta di attività che oggettivamente comportano un aumento dell'orario di lavoro non c'è nessuna novità e soprattutto non c'è alcuna necessità di retribuirle con un bonus. In questo caso rientrano le attività di coordinamento, quelle relative alla formazione e qualsiasi attività (approvata dal collegio dei docenti) di miglioramento dell'offerta formativa (progetti). Fin qui nulla di nuovo, se non il fatto che si sostituisce la discrezionalità del bonus alla contrattazione. Negli altri casi abbiamo il combinato disposto di criteri discrezionali che girano a vuoto e lavoro volontario in attesa di riconoscimento. In questo caso il concetto chiave è quello di 'bonus'. La logica del merito non solo trasforma la valutazione in una contro-valutazione preventiva, ovvero nel suo contrario; ma ha il potere di trasformare il lavoro in volontariato. Quest'ultimo si potrà mutuare in vero e proprio lavoro retribuito soltanto ex-post e previa decisione del dirigente. Lavoro-volontario retribuito non secondo parametri oggettivi e contrattualizzati, ma come bonus: concessione. In caso contrario - se non dovesse essere retribuito - il termine 'lavoro' decade e rimane solo il 'volontario'. Ovvero:
volontariato.

A cosa ci porta tutto questo neo-pensiero che ribalta lavalutazione in contro-valutazione e il lavoro in volontariatoin attesa di retribuzione? Ad una macchina per la costruzione del senso di colpa. Ed ecco che è spuntato anche Freud. I docenti vengono divisi a priori tra meritevoli e non meritevoli. Bisogna dimostrare di essere meritevoli, perché altrimenti si è immeritevoli. Bisogna dimostrare di essere innocenti, altrimenti si è colpevoli? No. Ma il principio cardine della presunzione di innocenza non vale per il neo-pensiero ministeriale.Si è immeritevoli fino a prova contraria. Ovvero: fino a quando il dirigente non decide di assegnare un bonus. Un docente vincitore di concorso o regolarmente assunto secondo procedure ministeriali deve dimostrare, fin dal primo giorno che mette piede a scuola, di meritarsi quel posto. Come? Impegnandosi in attività a titolo volontario fuori dal suo normale orario di lavoro e anche al di fuori di ogni attività legata alla sua funzione docente, sperando che quel suo lavoro volontario venga ritenuto oggetto di attenzione dal dirigente scolastico.

Quali possibili scenari, visto che la legge impone ai collegi di nominare tre docenti nel comitato di valutazione? Presentiamo qui tre possibili soluzioni, ordinate secondo un criterio di complessità crescente.

Boicottare. Non nominare i docenti e boicottare il comitato di valutazione. Posto che la discrezionalità del dirigente è ineliminabile e che, in ultima istanza, i criteri individuati dal comitato di valutazione dovrebbero servire alla stesura di quelli nazionali e che inoltre sull'operato di questo fantomatico comitato nazionale non si può avere alcun potere, è la soluzione più coerente.

Individuare criteri restrittivi. Nominare i docenti con un mandato vincolante e preciso. Se il membro esterno non viene eletto, i docenti potrebbero non essere in minoranza. I criteri individuabili dovrebbero essere solo quelli che ricalcano le attuali attività aggiuntive. La declinazione deve essere vincolante per il dirigente, sia in termini di riconoscimento, sia in termini di retribuzione. Il comitato di valutazione dovrebbe diventare un luogo di contrattazione sui generis i cui rappresentanti per la parte docente non sono RSU ma i tre docenti nominati. Sarebbe opportuno, visto che la legge lo prevede per il comitato nazionale, che almeno qualcuno dei membri per la parte docente sia anche RSU.
Tra i criteri indicati nella legge, solo il terzo (responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale) e parte del primo (miglioramento e successo formativo, declinato in termini di 'attività di recupero') rientrano in questa possibilità.

Ribaltare completamente il senso della legge. Questa è la strada più complicata, più faticosa per i docenti e più onerosa per lo Stato (non basterebbero 200 milioni). Ma, allo stesso tempo, potrebbe aprire ad una vera e propria valutazione partecipata. In primo luogo dobbiamo abbandonare il pregiudizio che la valutazione di un sistema complesso possa dipendere da una sola persona o da un comitato ristretto. Un sistema complesso come una scuola si può valutare soltanto in modo plurale e con il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti. L'obiettivo è sempre il processo educativo/didattico, mai la valutazione in sé. Dove possiamo trovare un modello di valutazione che ci permetta di pensarne uno adatto alla scuola? Lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: la valutazione degli studenti. Proviamo a pensare quanto tempo scuola viene utilizzato per la valutazione degli studenti, tra verifiche scritte, verifiche orali e valutazione diffusa durante le ore di lezione. L'attività didattica è un continuo processo di valutazione del proprio operato, un continuo confronto con gli studenti per adeguare la propria programmazione al ritmo e alle capacità degli studenti. Verifiche scritte, verifiche orali e valutazione quotidiana del grado di attenzione, partecipazione, impegno. Come dire: porre delle domande, dialogare, osservare. Questi sono i tre macro-criteri che devono guidare ogni processo di valutazione. Come realizzare tutto questo per la valutazione dell'operato dei docenti? Esistono nella scuola due organi che, se modificati geneticamente, potrebbero rappresentare due strumenti adatti allo scopo: i Consigli di classe e i Consigli di materia. Se proviamo ad immaginare questi due organi come una presenza quotidiana e diffusa nella vita scolastica, potrebbe apparirci all'orizzonte un modello di valutazione possibile. L'operato del singolo docente, la qualità del suo insegnamento, l'efficacia dei suoi metodi didattici, l'innovazione, la condivisione di buone pratiche (sto mutuando i criteri della legge 107) sono cose che possono essere valutate e partecipate con la collaborazione dei docenti che insegnano la stessa materia, attraverso un lavoro di mutua osservazione durante le lezioni, luoghi di confronto e di dialogo. All'insegna della collaborazione e non della competizione. Questo lavoro di osservazione partecipata potrebbe anche essere la premessa per un fruttuoso lavoro di ricerca didattica (altro criterio individuato dalla legge 107). Il gruppo di materia potrebbe anche coinvolgere colleghi di altre materie. Allo stesso modo e secondo la stessa logica, alcuni membri del consiglio di classe potrebbero essere incaricati di individuare e gestire luoghi specifici di dialogo, discussione e recupero per far fronte in fieri ai problemi didattici e relazionali degli studenti, con lo scopo deliberato di favorirne il successo formativo e scolastico (altro criterio della 107). Una valutazione seria è solo una valutazione permanente, incardinata all'interno della vita scolastica e non limitata alla compilazione di tabelle (RAV): per quanto la formulazione di questionari qualitativi e quantitativi venga studiata in modo raffinato, questa non potrà mai darci la fotografia della scuola. Semplicemente perché questa fotografia non esiste. Una valutazione partecipata del tipo appena abbozzato è cosa complicata, che rivoluzionerebbe completamente la vita scolastica (non so quanti docenti sarebbero disposti ad accettarla). Si potrebbero utilizzare questi tre anni di vita del comitato di valutazione per sperimentare questo modello. In questo caso il cosiddetto bonus verrebbe distribuito equamente tra tutti i docenti disponibili a fare un lavoro collettivo di questo tipo: una sperimentazione di valutazione partecipata. Nel caso in cui il comitato riuscisse a declinare tutti i criteri secondo questa logica, la discrezionalità verrebbe completamente annullata e si aprirebbe uno spazio per pensare seriamente un modello di valutazione possibile per la scuola, senza cadere nella trappola della meritocrazia.

Mi rendo conto che sia quasi una proposta scandalosa. Ma soprattutto è una soluzione che necessita tempo e denaro. Tanto tempo e tanto denaro. I docenti sono disposti a mettersi in gioco e spendere buona parte del loro tempo per dedicarsi anche (sic) a questa sorta di valutazione che ha le sembianze di una sorta di clinica della formazione? Sono disposti a rinunciare alla loro preziosa,narcisistica, solitudine? Il Ministero è disposto a retribuire le moltissime ore necessarie per una valutazione di questo tipo? Il RAV o la valorizzazione del merito sono strumenti consolatori che servono solo a mettersi l'anima in pace. Ma non smuovono di un millimetro il problema. Restituiscono numeri, distribuiscono soldi. Per una scuola che appassioni, studenti e insegnanti hanno bisogno di parole dotate di senso.

 Colo